Ao 青

Charlotte Dumas

dal 1 dicembre al 12 gennaio 2023 | Mer – Dom 11.00 – 19:00

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© Charlotte Dumas

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CREDITI

COMUNICATO STAMPA

Testo curatoriale, Irene Alison

Il corpo e l’anima. La grazia e la sensualità. Nelle immagini di Charlotte Dumas gli animali sono esseri pulsanti e pensanti, galassie lontane con le quali si dischiude, a volte, una comunicazione misteriosa e intensissima, creature polimorfe che occupano e reinventano il paesaggio a misura dei propri istinti e dei propri desideri. Nata in Olanda nel 1977, Dumas cerca senza tregua la strada di un dialogo intimo tra umano e non umano. Il suo amore per i cavalli – “non so se si tratti di una sorta di immedesimazione o di una forte connessione, ma guardarli mi incanta, la loro energia mi tranquillizza” dice –, l’ha condotta sulle loro orme per oltre vent’anni, portandola fino alle remote sponde del Giappone sud-occidentale, nell’isola di Yonaguni, per indagare il ruolo che queste creature, la cui storia per millenni si è intrecciata a quella degli uomini e il cui ruolo è stato fondamentale per lo sviluppo della società umana, hanno oggi nel nostro mondo. Insieme alla dimensione selvaggia e ancestrale che si manifesta nei cavalli e nel paesaggio, nella trilogia in mostra al Rifugio Digitale – composta dai progetti Shio, Yorishiro e Ao – la dimensione umana prende forma nei corpi acerbi e mobilissimi di tre bambine, la cui relazione con gli animali e con il luogo sembra essere il filo conduttore della storia. Spiriti liberi come i cavalli, le bambine (Yuzu, figlia di un addestratore di Okinawa, e Avis e Ivy, figlie della fotografa), portatrici di coraggio e resilienza in un orizzonte sospeso tra natura estrema e memorie leggendarie, incarnano tre caratteri forti e tre diverse tappe del cammino della femminilità: 5, 10 e 15 anni. Un unico racconto di formazione, le cui protagoniste rappresentano, simbolicamente le giovani donne del mondo che superano ostacoli per raggiungere i propri obiettivi, ma anche la possibilità – nella sapienza senza età che le rende capaci di ascoltare la terra e di parlare la lingua delle altre specie – di gettare un ponte tra natura e cultura. Nel passaggio organico tra fotografia e video, Dumas traduce dinamicamente la sua visione: catturando il movimento e la mutevolezza dei corpi delle bambine in un paesaggio che è, allo tesso tempo astratto, onirico e brutale. Continuando a interrogarsi sugli animali, sulla loro presenza fisica e sulle loro rappresentazioni. E riflettendo su come accorciare la distanza, sempre più ampia, che ci separa.

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