Zied Ben Romdhane
Nato nel 1981 in Tunisia; ha iniziato la sua carriera come fotografo commerciale. Nel 2011 ha deciso di dedicarsi alla fotografia documentaria e al fotogiornalismo. Il suo lavoro è stato pubblicato su “The New York Times” e “The Washington Post”.
Le sue mostre recenti includono: Views of Tunisia (Arles 2013), After the Revolution (White Box, New York 2013), Zones d’Attente (Clark House, Bombay 2013), Kushti (Maison de la Tunisie, Parigi 2013), Fotofest Biennial presso l’Houston Center for Photography (Houston, USA 2014), Sahel (1×1 Gallery, Dubai 2014), Trace (MUCEM, Marsiglia 2015), Afrotopia, biennale africana della fotografia (Bamako, Mali 2017) e la Biennale della Fotografia del Mondo Arabo Contemporaneo (Francia, Parigi 2017).
Nel 2018, Romdhane ha pubblicato il suo primo libro, West of Life, con Red Hook Editions.
Tra i premi e i riconoscimenti ricevuti, figurano la selezione per il Prize 6×6 Global Talent Program 2018 della World Press Photo Foundation, la partecipazione alla Joop Swart Masterclass della World Press Photo, e la vittoria del POPCAP award (Africa Image, Basilea, 2015).
È Direttore della Fotografia del film documentario Fallega (2011), che racconta la Primavera Araba in Tunisia. Ben Romdhane ha partecipato all’iniziativa Reporting Change 2013 della World Press Photo ed è membro dei collettivi Rawiya e Native.
Nel 2019, Zied Ben Romdhane è stato nominato membro candidato di Magnum Photos.
Mohamed Mahdy (Egypt, 1996) is a Visual storyteller based in Alexandria, Egypt, whose work focuses on buried and invisible communities in Egypt as well as cultural and social issues. She firmly believes that immersing herself in diverse communities and telling their stories means embedding these experiences permanently into the fabric of a larger community. Her work has been exhibited at the 25th Youth Salon and the Ministry of Culture, as well as the Paris Biennale. He has exhibited twice with the Ian Parry Scholarship in London and also at Photoville in New York. In 2018 he was named by the New York Times Lens blog as one of 12 emerging photographers to know.
Nadia Bseiso
Is a Jordanian documentary photographer based in Amman. She received a bachelor’s degree in photography from Florence, Italy, in 2011, and in 2015 was awarded an artist residency at the Fondazione Fotografia in Modena, Italy. She focuses on long-term projects based on personal research in geopolitics, history, anthropology and environmental degradation.In 2016, she was selected for the Arab Documentary Photography Program, funded by the Arab Fund for Arts and Culture, the Magnum Foundation and the Prince Claus Fund, for her project Infertile Crescent.
She was selected as a photographer to follow globally by Time – Light Box in March 2017. She has worked with several local and international NGOs since 2011. Her clients include Unicef, The New York Times, The Telegraph, Reuters, Zeit magazine, The Intercept, The Globe and Mail, and U.S. News & World Report.
Roï Saade
Is an interdisciplinary artist interested in the intersection of graphic design, photography and visual arts and curator of the exhibition AIR, RIVER, SEA, SOIL. A History of an Exploited Land, at Rifugio Digitale.
His process-based practice is grounded in a close collaboration between artist, designer and curator. His approach is enriched by careful visual research and creative exchange. Roï is interested in finding and creating ways to resist systems of domination and inequality.
As a photographer, his work seeks to investigate individual and collective identity and experience through the documentation of social and personal encounters. He often collaborates with Tamara Abdul Hadi, his life and vision partner.
His virtual studio deals with projects such as branding, cultural and artistic projects, and publications. Roï has designed and curated exhibitions, corporate identities, magazines and specialized in book design, where he combines his passion for photography and design.
Roï holds an MFA in Graphic Design from USEK University in Lebanon. He is currently a Research Associate at the Access in the Making research lab at Concordia University in Montreal.
Tamara Abdul Hadi
È una fotografa irachena il cui lavoro si occupa della rappresentazione storica e contemporanea della sua cultura, nella sua diversità. Oltre a essere fotografa, Tamara è un’educatrice che ha tenuto corsi di fotografia in Palestina, Egitto, Iraq, Libano, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Tunisia e Canada.
Il suo lavoro è stato pubblicato su The New York Times, The Guardian, The Wall Street Journal, The Financial Times, The National, Huck Magazine, VICE, Slate e altri. Abdul Hadi è stata una fondatrice del Rawiya Collective, una cooperativa di fotografe nel Medio Oriente.
È membro di We Are The Medium, un collettivo artistico composto da artisti interdisciplinari che lavorano in modo indipendente. Collabora spesso con Roï Saade, suo partner nella vita e nella visione.
Tamara ha conseguito un MFA presso l’Emily Carr University of Art and Design. Le sue foto sono state esposte negli Emirati Arabi Uniti, in Libano, Kuwait, Francia, Regno Unito, Svezia, Spagna, Ungheria, Canada e Stati Uniti.
Aur, River, Sea, Soil. A History of an Exploited Land
17.10 – 03.11.2025
Progetto speciale di
Middle East Now Festival
AIR, RIVER, SEA, SOIL. A History of an Exploited Land, è un progetto speciale del Middle East Now Festival. La mostra, curata da Roï Saade, è stata sviluppata collettivamente dall’Access in the Making (AIM) Lab nel 2022. AIM Lab è un laboratorio di ricerca anticoloniale, anti-ableista e femminista che esplora temi quali accessibilità, disabilità, ambiente e cura attraverso la sperimentazione creativa, adottando un approccio innovativo all’accessibilità nelle arti. L’evento è organizzato in collaborazione con Forma Edizioni.
AIR, RIVER, SEA… SOIL. A History of an Exploited Landracconta come il dominio coloniale, passato e presente, gli spostamenti forzati delle popolazioni, l’espropriazione delle terre, i disordini politici, le spinte capitalistiche, le guerre e i conflitti, abbiano trasformato il Medio Oriente e il Nord Africa in un insieme di territori sorvegliati e militarizzati, che dividono le comunità, ne bloccano i movimenti e le alienano dalle loro relazioni con la terra. Mentre l’ordine mondiale capitalista e colonialista continua a estrarre vigorosamente le risorse naturali della terra per trarne profitto, le comunità locali sono costrette a vivere in condizioni di continua precarietà e abbandono. Un fenomeno raccontato attraverso il lavoro di cinque fotografi e artisti. Partendo dal Nord Africa e in particolare dalla Tunisia nord-occidentale, Zied Ben Romdhane con Lost
in Moments ci introduce alle condizioni di vita degli abitanti dei villaggi della regione di Jendouba che lottano per accedere all’acqua potabile. Da lì ci dirigiamo in Egitto a ovest di Alessandria d’Egitto, dove Mohamed Mahdy con Moon Dust documenta gli effetti dell’inquinamento atmosferico generato da una fabbrica di cemento e le sue minacciose conseguenze sulla salute degli abitanti di Wadi El Qamar (Valle della Luna). Spostandoci a est, verso la Giordania, Infertile Crescent di Nadia Bseiso indaga la terra arida e bruciata della moderna mappa giordana e gli impatti ambientali che i confini creati dall’uomo hanno avuto sull’ambiente di questa regione un tempo fertile. Da lì ci dirigiamo in Libano, dove il progetto The Epic of Dalieh di Roï Saade racconta la privatizzazione illegale della terra e del mare a Beirut, tracciando parallelismi con un’antica epopea. Infine, arriviamo in Iraq, dove Tamara Abdul Hadi con Re-imagining. Return to the Marshes offre un modo per reimmaginare e rivendicare le narrazioni delle persone e delle zone umide dell’Iraq meridionale, note come Al-Ahwar.